“BLU” è uno spettacolo di teatro-danza ispirato dall’opera musicale di Arvo Pärt – Tabula Rasa.
“In che cosa differisce il Blu da tutti gli altri colori?
Nel fatto che il Blu è simile al mare, il mare è simile alla volta celeste, la volta celeste è simile al trono della gloria”
(Dal Talmud babilonese)
"Menzione Speciale della Giuria Artistica"
per l'originalità e l'efficacia del linguaggio scenico
Selezionato per la IV edizione del Minimo Teatro Festival di Palermo
del 17-18-19 Gennaio 2014
“Il Maschile, è forma che intrinseca l’informe, l’indistinto, la totalità.
Il Femminile, è la totalità, l’indistinto che estrinseca la forma.
La Donna e l’Uomo sono simboli di una realtà molto più profonda.
Una Realtà che trascende la “realtà”.
L’Uno interiorizza in sé l’Altro, divenendo l’Uno e l’Altro”
BLU’ è la narrazione di un una donna, che si fa interprete, che danzando raccoglie i frammenti di una realtà estranea, estranea a se stessa, estranea perfino al linguaggio. Gesti enigmatici che diramano e si diramano nelle profondità della psiche.
Prima parte: Fratres (1)
“Il Sogno”
Il primo pezzo, scenografico e coreografico, denominato dal primo titolo dell’opera “Tabula Rasa”: “Fratres (1)”, si muove in una dimensione onirica, dove gli eventi vengono addensati e l’immagine trascina con se molti altri significati per l’osservatore, come può fare una risonanza con gli elementi addiacenti.
Nel sogno, dentro alle immagini, si trova la via del femminile,m dell’indistinto, che ambisce all’Essere, attraverso la presa di coscienza e l’intuizione, che portano irrevocabilmente attraverso la coscienza, alla conoscenza. Questa triade è il corpo che la contiene “Un sogno dentro un altro sogno”.
Seconda parte: Cantus in memory of Benjamin, Britten Fratres(2) e Tabula rasa
“In Principio”
Nella seconda parte di “BLU”, comprendente gli altri tre brani musicali dell’opera di Arvo Part, “Tabula Rasa”: Il tema drammaturgico-coreografico si dispiega, attraverso scene che, nella loro articolazione mirano a modificare la percezione temporale dello spettatore; attraverso l’estetizzazione delle forme e la sublimazione del movimento. Il tutto, avvolto in un’aurea di parole e musica che provenendo dai luoghi del sacro, esercitano un fascino che rapisce (e ha rapito) i sensi dello spettatore.
L’oggetto-verbale è scavalcato, se pur espresso, giungendo alla sua origine, nei luoghi del segno e del “silenzio”, dentro il “corpo femminile”, danzate-l’immobile.
La stessa danzatrice diviene soggetto e oggetto del fare e del dire, rappresentando e rappresentandosi come il corpo fisico, simbolo dell’origine e dello stesso tempo.
“Eccomi sola nella lentezza. Ho scoperto che è abbastanza quando anche un solo gesto è magnificamente espresso. Un unico gesto, un momento di immobilità, mi confortano. Lavorare con pochissimi elementi – un movimento, due gesti. Costruire con i materiali più primitivi - un movimento perfetto. Tre gesti in accordo sono come un rito, una preghiera".
Nella messa in scena sono stati inseriti, con voce fuori campo, brani tratti da testi biblici, nel particolare:
In Fratres(2), sono presenti brani registrati, tratti dal “Cantico dei Cantici”
di Re Salomone
In Tabula rasa: Ludos, brani tratti dal “Vangelo di Maria Maddalena”
Tabula rasa: Silentium, “raccolta di tutti gli interventi, in prima persona, di donne che all’interno dei Vangeli canonici prendono la parola o si rivolgono a Gesù”
Un messaggio intrappolato nel testo, la Donna; come emblema e simbolo di qualcosa d’altro. Gli esponenti femminile più rappresentativi della “nostra” storia sacra, nei Vangeli, sono: Maria, la Madre di Gesù; Maria di Magdala e Maria di Betania.
Maria non era semplicemente un nome ma un titolo di distinzione, essendo una variazione di Miriam (il nome della sorella di Mosè e Aronne). Le Miriam (Marie) partecipano a un ministero formale all'interno di ordini spirituali. Mentre i "Mosè" guidavano gli uomini nelle cerimonie liturgiche, le "Miriam" facevano altrettanto con le donne”.
Testimonianze dicono di un «legame speciale» della Donna con Cristo; quando ancora la parola di una donna valeva ben poco.
E allora perché, per annunciare l’evento più straordinario della sua vita terrena, quell’evento che taglia e rivoluziona la storia, Cristo, sceglie una donna?!
Brani estrapolati, dal testo inserito nella messa in scena, tratti dal “Cantico dei Cantici”:
Mi baci con i baci della tua bocca!
L’amato mio è per me un sacchetto di mirra, passa la notte tra i miei seni.
Erba verde è il nostro letto, di cedro sono le travi della nostra casa,
di cipresso il nostro soffitto.
Come un melo tra gli alberi del bosco, così l’amato mio tra i giovani.
Alla sua ombra desiderata mi siedo, è dolce il suo frutto al mio palato.
Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate.
Non lo lascerò, finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre,
nella stanza di colei che mi ha concepito.
Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l’amore, finché non lo desideri.
Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre,
me ne andrò sul monte della mirra e sul colle dell’incenso.
Mi sono addormentata, ma veglia il mio cuore.
Un rumore! La voce del mio amato che bussa:
«Mi sono tolta la veste; come indossarla di nuovo?
L’amato mio ha introdotto la mano nella fessura
e le mie viscere fremettero per lui.
Mi sono alzata per aprire al mio amato e le mie mani stillavano mirra;
fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello.
Ho aperto allora all’amato mio, ma l’amato mio se n’era andato, era scomparso.
Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palma, neri come il corvo.
Le sue labbra sono gigli che stillano fluida mirra.
Io sono del mio amato e il suo desiderio è verso di me.
Come vorrei che tu fossi mio fratello, allattato al seno di mia madre!
Incontrandoti per strada ti potrei baciare senza che altri mi disprezzi.
Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre;
tu mi inizieresti all’arte dell’amore.
Ti farei bere vino aromatico e succo del mio melograno.
Sotto il melo ti ho svegliato; là dove ti concepì tua madre,
là dove ti concepì colei che ti ha partorito.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore, tenace come il regno dei morti è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo.
Altro stralcio, tratto dal testo inserito nella messa in scena, tratto dal Vangelo di Maria Maddalena:
“Ecco, ho trovato l’uscita dallo scenario
penetrando in un altro scenario.
Un’immagine si è cancellata
Grazie ad un’altra, più Pura e più Una.
È adesso che imbocco la via della quiete.
La quiete annuncia la Pace là dove il Tempo si immobilizza nell’Eternità.
In verità, la mia Via è Una Via di Silenzio”».
"Questo è il mio obiettivo. Il tempo e il senza-tempo sono connessi. Questo istante e l'eternità stanno lottando fra di noi. E questa è la causa di tutte le nostre contraddizioni, la nostra ostinazione, la nostra mentalità limitata, la nostra fede e la nostra angoscia"
"I tintinnabuli sono una zona in cui a volte vago quando sto cercando delle risposte -sulla mia vita, sulla mia musica, sul mio lavoro.
Nelle mie ore buie, ho la certa sensazione che ogni cosa al di fuori di questa unica cosa non ha significato.
La complessità e la multi-sfaccettatura mi confondono solamente, e devo ricercare l'unità. Ma cos'è questa unica cosa?
E come posso trovare la mia strada verso di essa?
Tracce di questa cosa perfetta appaiono in molte sembianze -ed ogni cosa che non è importante scivola via.
Eccomi solo col silenzio.(…)”
Arvo Part
La danza è innanzitutto preghiera, sacrificio, devozione, riconoscenza, rito. L’uomo danza di fronte a ciò che è misterioso, ignoto, soprannaturale, poiché è l’unico mezzo che ha a disposizione per entrare in contatto a ciò che non comprende. Le parole possono spiegare solo i semplici e comprensibili avvenimenti della vita quotidiana, ma non le cose sconosciute. Se potesse esprimerle veramente, non avrebbe bisogno di danzarle.
La penombra, come luogo dell’anima.
Il telo blu, come legame ad un’esistenza “antica”.
Le luci dall’alto, come presenza di Sè.
La lentezza, come luogo della coscienza.
Con:
Danzatrice/coreografa Angela Derossi
Adattamento drammaturgico a cura di Claudio Cerra
Montaggio audio a cura di Roberto Uberti
Voce Vincenzo Muriano e Angela Derossi
Costumi Angela Cerra e Rosalba Cerra
Regista/scenografo Claudio Cerra
CARCIOFI ROSSI
Associazione Culturale Teatrale
Claudio Cerra
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