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Immagine del redattorecerraclaudio61

“CORDELIA”

Aggiornamento: 20 mag 2021

Uno spettacolo di teatro-danza tratto dal "Re Lear" di Shakespeare

Produzione Carciofirossi

La messa in scena è integrata da inserimenti drammaturgici tratti da:

Edipo re, Edipo a Colono di Sofocle e

Le Baccanti e Alcesti di Euripide.


Tragedie che narrano di “cadute” e “vita nuova”

in una predestinazione che prefigura l’umano oltre se stesso.

Il velo dell’osceno è squarciato da una sincera intenzione

per rivelarne ciò che ne rimane.

“Vorrei render note a voi tutti pervenuti qui questa sera

le nostre segrete decisioni.

Eccovene mostrata la mappa”.

“Voglio che sappiate

che abbiam diviso il nostro regno in tre...”



In scena, il grand’emblema dell’autorità - la Forma - spogliato dei suoi paramenti; in un dialogo interiore con sé stesso - l’Essere - trasposto nella figlia, nei luoghi del non ritorno; un antagonismo necessario e simulacro di un nuovo ordine che si contrappone al vecchio; alla vecchia legge.

La legge dell’Amore contrapposta alla legge dell’Autorità.



“Dimmi: sai forse da chi sei nato?”


“Da questa terra, col pie' terribile, una duplice maledizione via ti spingerà:

del padre e della madre.

E tu, che vedi ora la luce, buio sol vedrai.

Coi tuoi più cari in turpe intimità vivi, e non sai:

né il male ove sei scorgi.”

Due attori e una danzatrice dipanano la vicenda di un “amore” paterno per la figlia prediletta; recitazione e danza, prosa e poesia tragica, si muovono all’interno di un quadro simbolico che raccorda pensieri apparentemente diversi, su di un’unica via, nel tentativo di lumeggiare un mondo sotterraneo dove originano tutte le infinite “tragedie”, quotidianamente umane.



Cordelia e Re Lear, chi più dell'uno ama l'altro,

e chi più dell'altro è l'uno;

un padre e una figlia, un uomo e una donna,

"potere" e "amore"

si scontrano e si incontrano.

Stralci da copione originale di Cordelia:


LEAR – Vorrei render note a voi tutti pervenuti qui questa sera le nostre segrete decisioni. Eccovene mostrata la mappa.


Voglio che sappiate che abbiam diviso il nostro regno in tre e che è nostro preciso intendimento scrollarci dalle nostre vecchie spalle tutte le cure e gli affari di Stato

per affidarli a più giovani forze, mentre, sgravati ormai d’ogni fardello, ci avviamo alla morte.


[...] Or dunque ditemi, figliole mie poiché siamo in procinto di spogliarci

da oggi d’ogni nostra potestà, come di ogni possesso materiale e d’ogni altro interesse dello Stato, ditemi dunque quale di voi tre dovremo dire ci vuol più bene,

sì che la nostra liberalità si possa estendere in maggior misura a quella nel cui animo l’affetto naturale di figlia rivaleggia con il merito.

Parla tu per prima, Gonerilla, che sei nata per prima.


GONERILLA - Signore, il bene mio è ben maggiore di quanto possa dirvi la parola;

v’ho più caro della mia stessa vista, del mio spazio, della mia libertà, più d’ogni cosa al mondo, per preziosa e per ricca che si stimi; io non v’ho meno caro d’una vita

che sia fatta di grazia, di salute, di bellezza, d’onore; v’amo il massimo

che possa amare un figlio il padre, e il padre essere amato: v’amo d’un amore

che la mia lingua è povera e impotente a dire: v’amo oltre ogni misura.

REGANA - Io sono fatta dello stesso conio di mia sorella, e mi stimo moneta

di egual valore. Trovo nel mio cuore uno stesso sincero atto d’amore, ma il mio è senza limiti o confini; perché professo d’essere refrattaria a ogni altra gioia che possa venirmi dal più prezioso equilibrio dei sensi e di trovare l’unica mia gioia nell’amore per vostra cara altezza.

LEAR – Poi fu il tuo turno, Cordelia, gioia nostra, ultima nell’età ma non nel cuore,

il cui giovane amore si contesero i vigneti di Caino e il latte di Abele.

Che mi dicesti per ottenere il terzo del mio regno più ricco ed opulento di quello promesso alle tue sorelle?


CORDELIA - Nulla, signore.

Infelice ch’io sono, non so portare il cuore sulle labbra!

Amo vostra maestà, né più né meno che mi detta il mio vincolo di figlia.

Signore, voi m’avete generata, allevata ed amata. Questi debiti io vi ripago al lor giusto valore: io vi obbedisco, vi amo e vi onoro su ogni altra cosa al mondo.

Perché le mie sorelle hanno un marito, se dicono di amare voi soltanto?


Io, se mi sposerò, il mio signore con la stessa mano che avrà preso la mia come mio pegno porterà via con sé anche metà dell’amor mio per voi, delle mie cure e di tutto il mio debito di figlia..


Certo non mi sposerò, come professano le mie sorelle,

per riservare poi tutto l’amore, solo a mio padre.


LEAR - Così giovane, e già così impassibile?

E così sia! La tua sincerità sia pure allora tutta la tua dote!


D’ora in poi troveranno maggiore simpatia,

pietà ed aiuto nell’animo mio il barbarico Scita o chi per cibo

si divora la carne dei suoi figli, di te, non più mia figlia.


CORDELIA - È davvero assai strano, padre, che colei ch’era fino a poco fa

per voi la cosa più preziosa al mondo, l’oggetto della vostra lode, il balsamo

della vostra vecchiaia, la migliore e la più cara delle vostre gioie,

abbia potuto in questo poco tempo commettere un’azione sì mostruosa

da strapparsi di dosso, in un momento, tanti drappeggi del vostro favore.

C’è da pensare che la mia mancanza sia di natura così innaturale, da farmi un mostro.


“Non dispero per me padre, io merito e voglio esser trattata con amore,

dispero per voi che di questo vostro amore non potete e non riuscite a farne a meno”.

CORDELIA - Quand’è così, sono addolorata

che dopo aver così perduto un padre dovrò perdere anche un marito.

Se il suo amore non è fatto d’altro che di scrupoli e beni materiali,

io non avrò marito!

Se non mi vorrà perché povera, e lui stesso raccoglitore, legittimo,

di quel ch’è gettato via!

Non avrò marito ne padre!

Ciò che sono, diverrà pietra… !


VOCE FUORI CAMPO DI CORDELIA: (Dalle Baccanti di Euripide)

Troppo tardi avete imparato a conoscere chi sono: non lo avete fatto quando era necessario. Molti sono gli aspetti del divino, molte le risoluzioni inattese dei celesti; quello che si credeva non si è compiuto, un dio trova la strada per l'impossibile…

RE LEAR: (Da:Edipo re)

Tu che pènetri ogni cosa,

palese o arcana, terrena o celeste,

Mente d’uomo, tu ben lo sai, se pur nol vedi,

da che morbo è percossa. Or noi te sola

scorgiam patrona e salvatrice. Apollo,

se i messi ancor non te l'han detto, a noi

diede responso che da questo morbo

solo abbiamo uno scampo.


Con:

Sandro Pace

Maria Luisa Cantarelli

Angela Derossi


Coreografia: Angela De Rossi


Regia, adattamento drammaturgico e scenografia: Claudio Cerra


Musiche a cura di: Roberto Uberti




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