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Immagine del redattorecerraclaudio61

“FRANKESTEIN”

Aggiornamento: 20 mag 2021

Messa in scena tratta dall’omonimo libro di

Mery Shelley


Questo racconto terrificante è il primo e il più famoso lavoro pubblicato dalla scrittrice inglese Mary Shelley (1797-1851), moglie del poeta romantico Percy Bysshe Shelley (1792-1822). Nata da una sfida ad inventare un racconto horror e ispirata da un incubo, la storia della Shelley narra di un giovane studente idealista che crea un essere umano da corpi umani esanimi e vi infonde la forza della vita, salvo poi rendersi conto della natura grottesca della sua creatura e delle terribili conseguenze delle azioni di quest’ultima.


Mary Shelley



Chiuso entro la mia creta, t’ho forse chiesto io,

Fattore, di divenire uomo?

T’ho forse chiesto io di trarmi dalle tenebre?


Jhon Milton, Paradiso perduto, X, 743-745.


Questo stralcio di testo, trascritto qui sotto, descrive bene il senso e la riflessione con cui abbiamo “creato” la messa in scena di “Frankenstein”.


Claudio Cerra



L’Icona e l’arte moderna

(Estratto da: Teologia della bellezza di Pavel Evdokimov)


La Teologia occidentale, fin dalle origini, ha manifestato una certa indifferenza dogmatica rispetto alla portata spirituale dell’arte sacra o quella iconografica. A partire dal XIII sec, da Giotto in poi si introducono nell’arte tutti quegli elementi (prospettiva, profondità, dinamismo ecc.) che pur raffinando l’arte, perde la percezione diretta del trascendentale.

Rompendo con i canoni della tradizione, l’arte non è più integrata nel mistero liturgico. Sempre più autonoma e soggettiva, lascia la sua “biosfera” celeste.

Il soffio del trascendente non l’attraversa più. Le vesti dei santi non fanno più sentire, sotto le loro pieghe, i corpi spirituali. Gli Angeli paiono in carne e sangue. I personaggi si comportano come tutti gli altri e sono collocati nell’ambiente contemporaneo all’artista. Il colloquio da spirito a spirito degrada, la visione delle cose fa posto all’emozione, ai trasporti dell’anima, alla tenerezza. Così pure in un crocifisso, in virtù del suo realismo, colpisce il sistema nervoso, il mistero indicibile della luce perde la sua potenza segreta, scompare.


Quando l’arte dimentica la lingua sacra dei simboli e tratta plasticamente i soggetti religiosi, l’arte sacra, scompare, il trascendente si annulla e perde ogni contatto con la Bellezza Divina.

Oggi, l’arte cosiddetta sacra che si trova nelle chiese è la più povera della dimensione del sacro. Più esattamente, ciò che essa mostra in particolar modo, è che l’arte religiosa d’occidente, quale che sia la concezione che se ne abbia, non ha assolutamente niente di sacro, nel senso in cui le icone sono sacre!

E’ un’arte sostanzialmente soggettiva che vuole esprimere il sentimento religioso.

Un cenno soprattutto all’evoluzione che culmina nell’astrazione pura.

Dalla fine del XVIII sec. L’arte perde visibilmente il legame organico tra il contenuto e la forma e affonda nella notte delle rotture. L’arte subisce l’influsso delle “potenze” del mondo e della sua saggezza.

L’artista, votato più che mai alla solitudine, cerca una specie di “super-oggetto”, di “super-realtà”, perché per lui la realtà pura e semplice non è più direttamente esprimibile.

Dall’inquietudine profonda di Cezanne, all’angoscia tragica di Van Gogh, mostra un bisogno di rinnovamento. L’impressionismo e l’espressionismo trasmettono le reazioni oggettive della retina e del sistema nervoso dell’artista. Il cubismo, da parte sua, scompone l’unità visiva e ricostituisce il quadro in modo cerebrale e matematico. Il surrealismo derealizza il mondo e ad esso ne sovrappone un altro.

L’arte si emancipa da ogni canone, da ogni regola. Quando è teurgica evoca potenze magiche, false trascendenze, veri e propri aborti metafisici.

E’ la moda delle maschere negre, del potere trasportante del falso simbolismo occulto, delle immagini plastiche, delle sculture a filo di ferro.

E’ la terribile realtà di ogni artista di rappresentare il mondo e l’immagine della sua anima devastata, fino alla visione di un’immensa latrina dove brulicano mostri disarticolati.

L’uomo non è più padrone delle tendenze anarchiche della natura.


Da Goya a Bosch le potenze irrazionali demoniache a cui si ispireranno Kafka e Freud, si fanno avanti e irrompono attraverso il mondo.

La vita è tenebrosa, soffocante, ben poco certa quanto all’esito.

Probabilmente è così che i demoni vedono il mondo in un’ottica occulta, vuotata dell’inaccessibile immagine di Dio e della Bellezza Divina.

Anche Bretòn, Max Ernst, Picabia, Kandinskij, Mondrian, Paul Klee, Debuffet, Hernandez, Kopac, Dalì, Pollok e tutti i più grandi artisti moderni si configurano in una frase di Andrè Gide: L’arte nasce dalle costrizioni e muore di libertà.

Alla fine l’Artista è in uno stato di completa prostrazione. La spontaneità impulsiva degli istinti, rasenta il caos precosciente.

Davanti hai grandi pennelli di Bernard Buffet dove uccelli mostruosi, dallo sguardo cadaverico, calpestano un corpo femminile nudo al limite della profanazione oscena del mistero dell’essere umano, davanti a questa visione dall’odore specifico di putrefazione, viene in mente un passo della Scala di Giovanni Climaco:

…un santo, avendo visto la bellezza femminile, ha pianto di gioia e ha cantato il Creatore…Un uomo così è già risorto prima della resurrezione di tutti.

L’occhio può ascoltare anche le voci del silenzio, ma l’assenza colorata non fa che distrarre e infine stancare. Si può forse entrare in comunione, abbozzare un gesto di tenerezza per una di quelle donne dipinte da Picasso e che S. Bulgakov chiamava “cadaveri senza bellezza. Si può sentire il desiderio di pregare al “quadrato nero” di Malevic?

La grande arte figurativa infine ci offre la visione trasfigurante dei maestri. Essa coglie la Sophia terrestre nell’armonia dei suoi due aspetti, reale e ideale, le conta e costruisce il Tempio sofianico.

Ma questo, per diventare ricettacolo della Bellezza Divina deve aprirsi coscientemente mediante la fede e la santità dell’uomo alla luce divina, alla Sapienza increata.

La Sophia creata non è che lo specchio ambiguo, offuscato dalla caduta, della Gloria, e perciò l’arte stessa resta profondamente ambigua.

La Bellezza viene incontro al nostro spirito non per rapirlo, bensì per aprirlo alla prossimità bruciante del Dio personale.


L’arte dell’Icona non è autonoma, è inclusa nel Mistero liturgico e rifulge di presenze sacramentali.

Essa fa sua una certa “astrazione”; si potrebbe dire una certa trasfigurazione. Nella sua libertà di composizione, essa dispone a suo piacimento gli elementi di questo mondo nella loro totale sottomissione spirituale.


FRANKENSTEIN

(Il Moderno Prometeo)


Lo spettacolo “Frankenstein” è andato in scena il 10 e 11 giugno 2017, nella sede teatrale di Carciofirossi, di via Zenale 1 - Treviglio (BG)


E l’8 novembre 2017, in un adattamento per le scuole secondarie, al teatro Filodrammatici di Treviglio (BG)

(La messa in scena è ambientata nella sala comune di una Clinica Psichiatrica. E gli avvenimenti si svolgono attorno ad un giovane ricoverato, per errore, e tre altri ricoverati sottoposti ad una terapia innovativa che prevede tra le altre cose la messa in scena di uno spettacolo teatrale. Lo spettacolo che dovranno mettere in scena, coadiuvati dai medici e dai loro collaboratori, sarà appunto il Frankenstein, di Mery Shelley.


La scenografia prevede: Interno psichiatrico, tavolo e sedie, un cappio che penzola lateralmente a sinistra dal soffitto (vi rimarrà tutto lo spettacolo) e un Water a modi bagno con finestra annessa . I personaggi ogni volta che verrà, nel copione, nominata la parola padre guarderanno, simultaneamente tutti, verso quel il cappio appeso)


(Alessandro, uno dei ricoverati si tocca frequentemente i genitali, come un tic nervoso, per tutto il primo tempo dello spettacolo. Il ragazzo internato per sbaglio è imbragato nella camicia di forza ed è sdraiato sopra il tavolo/tavolaccio, immobilizzato)


Stralci dal copione dello spettacolo tratte dalla scena seconda e terza:

SECONDA SCENA

(Notturno)


LUCE: (Centro-avanti)

(Notturno. Arianna, tutto spento, luce fioca, dall’alto. Alessandro di spalle che cerca di togliersi la maglietta di Superman ma non ci riesce. Lei, Arianna, si muove con un sacco pieno di tappi si sughero in mano; prende un tappo dal sacco e lo depone a terra; sopra il tappo deponeun fagiolo prelevandolo dalle sue tasche sputandoci sopra; questi saranno i suoi movimenti per tutta la durata di questa scena)



WALTON (Arianna): Sappiate che non sto riportando le visioni di un pazzo.

Dopo tutto quello studio si accinse per moltissimi giorni e moltissime notti ad un’incredibile lavoro e fatica, riuscendo a scoprire la causa della generazione della vita; divenne capace di animare la materia inerte. Lo stupore che all’inizio provò lasciò presto spazio al piacere e all’estasi.


(Roberta, entra dalla quinta di sinistra, nel buio)


ROBERTA: Come dirvelo…

Loro credono…i signori medici che…

Che questo racconto terrificante che ci vogliono far rappresentare, ci possa portare a cogliere il senso del nostro disagio…

Attraverso una rappresentazione teatrale…mah…!?

Una finzione come mezzo terapeutico che supporti e magari possa sostituire i farmaci…(soprappensiero)…i farmaci…!?

Tutto questo dovrebbe, secondo loro, aiutarci?!

Come saprete questo testo è il primo e il più famoso lavoro pubblicato dalla nostra scrittrice Mary Shelley.

Un racconto horror, ispirata da un incubo; la storia di un giovane studente idealista che crea un essere umano da corpi umani esanimi e vi infonde la forza della vita per poi subirne le terribili conseguenze.

Io, ho l’impressione che questa cosa, che ci obbligano a fare, e non è che io ne abbia molta voglia come penso abbiate capito, Rappresenti e sia il risultato di una “frammentazione”, la frammentazione di un’umanità dannosamente separata, scissa dalla presunzione, dalla tracottanza dell’io…(guardando gli altri e il pubblico), noi…!

(IMMAGINE 10 e 15)

In questa trasposizione noi singoli attori mettiamo in scena la realtà dell’Io… del nostro io

…separato dal sé e dagli Altri.

Le personalità separate che l’Essere governa, sono sciolte e disperse nella rappresentazione simbolica e “reale” della scena, in maschere di singoli personaggi, come ora voi ci vedete, apparentemente disturbati, perché separati; monolitici.

L’illusione narcisistica, proficuo fondamento della nascita…si è pervertito nella sua certezza, d’esclusività …dall’Altro.

(Guardando il pubblico) Noi, manchiamo di un Padre! Dell’Uno!

Inascoltato, non sentito… mancante.

Simbolo di una tradizione disattesa…per giungere, in quest’ultimo secolo, all’esultanza della sua morte…la morte di Dio… l’unico vero Baluardo!

“L’Intuizione” di Dio… è un’emanazione diretta della Mente.

Si, si…tutto è “Come se fossimo in un racconto Horror, ispirato da un incubo”

Ma si!...dobbiamo renderci conto che è la natura stessa della normalità è la causa di quello che ci ostiniamo a chiamare “disagio mentale”

(Roberta si guarda attorno e poi dice:) Praticamente noi… (Pausa)


WALTON: Questo non può essere; (Indicando Roberta e alterandosi)

ascoltate pazientemente fino alla fine la storia e capirete facilmente perché vi è il riserbo su questo soggetto.


(Entra Alessandro dal fondo, toccando Admir poi va verso Arianna, inizierà a prendere i tappi dal sacco gettandoli, divertito, da tutte le parti cercando di rovinare il lavoro di Arianna. Roberta, a tratti, non vista, cercherà di rubarne alcuni nascondendoli nella sua borsa)


TERZA SCENA

(L’Ombra)


(Sonoro - Rumore di chiavi che girano in una serratura, chiavistello che si tira e porta metallica che si apre)

(Scena violenta e sadica. Alessandro, il paziente più disturbato psichicamente, si impadronisce del corpo del giovane ragazzo riintrappolato nella camicia di forza e in assenza del personale medico inizia a dirigere le prove dello spettacolo. Trascina il giovane ragazzo e lo lega per i piesi ad una trave del soffitto)


LUCE: (Tavolaccio e centro avanti)

FRANKENSTEIN: (Dopo aver legato e sospeso alla trave il giovane ragazzo) Ora, tu devi fare la parte del mostro!

MOSTRO: No, non la voglio fare!

FRANKENSTEIN: Devi recitarla e basta o ti spezzo la schiena!

MOSTRO: Non voglio essere considerato un mostro!

FRANKENSTEIN: (Minacciandolo con un coltello alla gola) Non rovinarmi i piani o ti ammazzo…devi solamente recitare la parte!

MOSTRO: No!

FRANKENSTEIN: (Lo prende per i capelli e gli da calci per obbligarlo al suo volere)

MOSTRO: Ahh…no, no…no!

Lasciami, lasciami…va bene, va bene…basta che mi lasci stare…fermo, fermo!

Lo faccio!

Lo faccio!


FRANKENSTEIN: Non fare scherzi altrimenti…

(Inizia a recitare) «Demonio!

Se potessi, con l’estinzione della tua miserabile esistenza, riportare in vita quelle vittime che tu hai assassinato così diabolicamente!».


MOSTRO (Giovane ragazzo): «Aspettavo quest’accoglienza. Tutti gli uomini odiano gli sventurati; e come, dunque, devo essere odiato io che sono più miserabile di ogni altro essere vivente!

Anche tu, il mio creatore vuoi uccidermi. Come osi giocare così con la vita?

Fai il tuo dovere verso di me, ed io farò il mio verso di te e il resto dell’umanità.


FRANKENSTEIN: «Detestabile mostro!

Sei un demonio! Le torture dell’inferno sono una vendetta troppo mite per i tuoi crimini. Mi rimproveri della tua creazione; vieni avanti allora, che io possa estinguere la scintilla che così imprudentemente ti ho dato».

(Dopo varie battute dal copione, il giovane ragazza, si ribella) Basta! Basta!

Non voglio continuare!

Non voglio…no!


FRANKENSTEIN (Alessandro): (Si rivolge al giovane ragazzo, come fossero due vecchi amici. Il testo è un’estrapolazione e una libera interpretazione da una scena dal film Andrej Rublev di Andrej Tarkovskij)


Oh Andrey, Andrey…

Ecco là il medico di guardia che va dal Primario!

Vuoi che spifferi tutto…!?

Avanti rispondimi si o no!


MOSTRO (Giovane ragazzo): Che cosa?

FRANKENSTEIN: Si o no!

A Mosca era tutto deciso, tutto concordato nei minimi particolari.

Il primario in persona aveva detto che andava bene…e adesso che cos’è che non ti è chiaro?!

Insomma sono due mesi che discutiamo fino a diventare sordi.

No, tu devi spiegarmi, forse sono diventato vecchio e non ragiono bene?!

Il giudizio universale…cosa c’è di difficile!?

Oh…accetti e lo fai oppure rifiuti la proposta.

MOSTRO: Se ci rifiutassimo davvero!?

Se ce ne andassimo e lasciassimo tutto!?

FRANKENSTEIN: Non potrei più guardare in faccia la gente, brucerei dalla vergogna.

Guarda che giornate sprechiamo, fa caldo, non piove, avremmo già terminato la prima scena e anche il finale, lavorando sodo.

Pensa che bello potrebbe essere…è già tutto stabilito: i peccatori tutti sul lato destro, immersi nella pece bollente, come s’era detto!

E il Diavolo a sinistra con le fiamme e il fumo che gli escono dal naso.


MOSTRO: Si, ma non mi sento di continuare a recitare!

FRANKENSTEIN: E perché?

MOSTRO: Non lo so!

Non so che cosa me lo impedisce, ma non posso!!!

Io non potrò mai recitare delle cose così orribili non capisci!?

Io, non voglio terrorizzare la gente!

Comprendi Danil!?


FRANKENSTEIN: Ma…il giudizio universale serve proprio a terrorizzarci è fatto a questo scopo!

MOSTRO: Non posso, come faccio a spiegartelo!? Non posso!

FRANKENSTEIN: E perché non lo hai detto prima, lo dovevi dire no?!

Hai fatto male ad accettare! Non è onesto!

MOSTRO: Sarà come dici tu…vorrà dire che io non sono un uomo onesto!

FRANKENSTEIN: (Gli punta di nuovo il coltello alla gola) Dai recita!

MOSTRO: (Rassegnato recita) Come Satana, porto l’inferno dentro di me.

Non trovando alcuna comprensione desidero spargere intorno a me sterminio e distruzione, e poi sedermi a gioire di questa rovina».

Dovrei provare gentilezza verso i miei simili?

Alla fine il pensiero di te mi attraversò la mente.

Più mi avvicinavo alla tua abitazione, più profondamente sentivo lo spirito della vendetta infiammare il mio cuore.

Cadde la neve e le acque si ghiacciarono, ma non mi fermai.


FRANKENSTEIN: Allora!?

MOSTRO: Dai facciamolo!

FRANKENSTEIN: Sei sicuro!?

MOSTRO: Non ho scelta!

(Alessandro che ha slegato Admir cerca di alzarlo di peso per mettergli la testa nel cappio e impiccarlo la scena sembrerà ridicola e tragica per l’impossibilità dell’impresa e il criminale intento)

(Il giovane ragazzo, viene lasciato cadere a terra)

MOSTRO: «Ma i miei sforzi ora sono quasi giunti alla conclusione. «A questo punto un sonno leggero mi solleva dal dolore della riflessione, sono disturbato dall’avvicinarsi di un bellissimo bambino…

BUIO

(SONORO - Colpo forte di pistola)

LUCE: (Centro)

MOSTRO: (Arrabbiato, urla ad Alessandro che lo tiene per i piedi come fosse un mastino) “Anch’io posso creare…posso creare desolazione!”

«Vi potrà stupire che tali pensieri mi trasportassero con rabbia?

(Il giovane ragazzo, si divincola dagli impedimenti e inizia una colluttazione con Alessandro di cui ha la meglio)

(Gridandogli in faccia) Io mi stupisco, solo che in quel momento, anziché sfogare le mie sensazioni in esclamazioni e agonia, non mi sia precipitato fra di voi, morendo nel tentativo di distruggervi».


SORELLA: (Roberta entra in scena, tirando fuori dal mazzo la Donna di Cuori)

MOSTRO: «Devi creare una femmina per me, con la quale io possa vivere scambiando quei sentimenti necessari alla mia esistenza. Questo solo tu lo puoi fare, e io te lo chiedo come un diritto che non devi rifiutare di concedermi».

SORELLA: E se qualcuno farà del male alla tua donna?

(Admir, si volta a guardare Roberta)

BUIO

(Sonoro - Porta metallica che si chiude sbattendo e si sente chiavistello e serratura chiusa da chiavi)


Con:


Walton Arianna Mossali

Frankenstein Alessandro Taverniti

Sorella Roberta Zambelli

Mostro e Ragazzo Admir Cupi


Sonoro e adattamento musiche a cura di: Roberto Uberti


Regia, adattamento drammaturgico e scenografia - Claudio Cerra

Produzione Carciofirossi


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